mercoledì 28 marzo 2012

La privazione del lavoro "situato"

Cio' che mi sta cominciando a risultare indigesto, al lavoro, e' l'estremizzazioine dell'usabilita' del capitale umano. La linearizzazione ossessiva del rapporto ora-di-lavoro-intellettuale-spesa-da-X  versus Y-dollari-del-contratto-del-cliente.

E' chiaro che finira' tutto in un regime estremamanet monototono, controllato e spersonalizzante in cui chiaramente X si specializzera' a fare solo quello, cosi' da metterci il meno tempo possibile. E poi si dovra' allenare a metterci sempre meno, come alle olimpiadi.

E' questo libro che in qualche modo ha dato una spiegazione a questa forma di malessere:
Matthew Crawford - Il lavoro manuale come medicina dell'anima - o - The case of working with your hands-

Che dice che stanno trasformando il lavoro dei 'knowledge workers' in una catena di montaggio, proprio come fecere tempo addietro per il lavoro di produzione in fabbrica.
Alcune citazioni dal libro:
- Sembra ormai provato che la nuova frontiera del capitalismo consista nel fare al lavoro di ufficio cio' che aveva precedentemente fatto al lavoro di fabbrica: svuotarlo di ogni elemento cognitivo.
- L'universita' insegna ai giovani ad accettare come normale lo scollamento tra la forma ed il contenuto, tra le rappresentazioni ufficiali e la realta'.
- Ritengo che si possa valutare se un lavoro e' alienato o no a seconda del modo in cui ci fa percepire la realta'. Secondo Marx noi ci alieniamo da noi stessi quando veniamo espropriati del prodotto del nostro lavoro.

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